LA CORRELAZIONE TRA FIDUCIA E FEDE, UN’OPPORTUNITÀ PER SALVAGUARDARE IL SISTEMA IMMUNITARIO IN CONDIZIONI DI “CATTIVITÀ”
Qualche sera fa, durante la condivisione di un gruppo di pratica Mindfulness che conducevo online, è emerso l’interrogativo sulle dimensioni della fiducia e della fede per elaborare il distanziamento sociale che ci è stato imposto. Ringrazio i partecipanti di quell’incontro per aver stimolato le seguenti riflessioni.
Con cattività (dal lat. captività, prigionia, servitù, schiavitù) si intende la segregazione dal loro ambiente naturale imposta agli animali selvatici, a scopo di studio o di svago. Traslandolo sull’uomo il sostantivo è stato utilizzato in passato riferendolo alla condizione degli Ebrei deportati per ordine di Nabucodonosor II, 597-538 a.C. (cattività babilonese) o al periodo in cui la residenza dei papi fu esiliata da Roma, in balìa dei re di Francia,1305-1377
Quella di questi giorni potremmo definirla cattività virale, con la differenza che a noi la privazione della libertà ci è stata imposta nelle nostre case, un po’ addolcita, comunque uno stato di asservimento e soggezione che ha un costo psicologico enorme, malgrado sia giustificato in quanto forma preventiva del contagio.
Oltre alla paura per la salute anche il timore per le conseguenze economiche, connesse al blocco della produzione e dei consumi, ha importanti ripercussioni che diventano particolarmente gravi nei casi in cui si paventa di dover chiedere aiuto ad altri, intaccando il personale senso di autonomia, percependosi inadeguati a provvedere al personale sostentamento.
Gli effetti tipici di questa condizione di stress, che cancella le abitudini e richiede continui adattamenti, soprattutto in caso di protrazione non prevedibile, sono gli aumenti significativi di irritabilità, insonnia, ansia e apatia, che possono dar luogo a meccanismi difensivi reattivi, di tipo aggressivo, soprattutto a carico dei soggetti deboli, come donne, bambini e disabili.
Emergenza, paura e stress
Proviamo a scomporre le dinamiche rapidissime (misurabili in frazioni di secondi) che avvengono al nostro interno tutte le volte che ci troviamo ad affrontare qualcosa che non conosciamo, sperimentando l’emozione della paura, ovvero un allarme che stimola la nostra attenzione per preservarci dalla condizione di pericolo.
Prima ancora che diventiamo consapevoli di uno stimolo che ci minaccia, gli organi di senso inviano segnali all’amigdala, la regione cerebrale più strettamente connessa alle emozioni, la quale segnala l’allarme alla neocorteccia , soprattutto il lobo prefrontale, in cui ha sede la razionalità, per rispondere efficacemente all’emergenza e rassicurarci.
Questa “elaborazione” mentale si svolge con processi di assimilazione e confronto, cercando analogie con quanto già si conosce, di fatto che ci è “familiare”, in un movimento continuo e altalenante che fa riferimento all’esperienza del passato e prova a fare previsioni, efficaci a livello adattivo, per il futuro.
Possiamo dunque comprendere come la paura sia un’emozione che si esprime sia a livello psicologico sia a livello fisiologico nell’individuo, alterandone l’equilibrio naturale. Il “nodo” che si avverte allo stomaco serve a renderci nota l’esistenza di uno stimolo saliente, focalizzando su di esso tutte le energie disponibili, per ripristinare l’armonia turbata
Il passaggio dal trigger affettivo – il timore – all’elaborazione cognitiva – cosa è opportuno fare – è un meccanismo automatico e utile, sebbene talvolta fallace. Nel caso del COVID-19 la sua rapida trasmissione e la preparazione insufficiente delle autorità sanitarie, non ha concesso il tempo di adeguarci all’ignoto, non assomigliando, la pandemia prodotta da questo virus, a nulla che abbiamo sperimentato nel passato.
Il pre-giudizio, quando non è possibile discernere
Se le elaborazioni cognitive non riescono a “contenere” l’allarme affettivo, canalizzando l’emozione della paura verso risposte efficaci, ci sentiamo confusi, l’ansia prende il sopravvento, governando scelte e comportamenti che divengono impulsivi, irrazionali, riducendo la possibilità di compiere decisioni appropriate. Ne costituiscono esempi la negazione che esista un pericolo effettivo, il pensiero fatalista o catastrofico e l’infrazione della legge.
Mismatching tra fiducia e fede
La diffusione del coronavirus ci ha obbligato a reprimere il nostro bisogno di relazione, un impulso profondamente umano radicato nell’evoluzione. È proibito vedere gli amici, aggregarsi in gruppi, stare l’uno vicino all’altro, praticare sport collettivi, una condizione innaturale che mette a dura prova anche la capacità di cooperazione propria degli esseri umani, fondamentale per motivarci a proteggere noi stessi e gli altri, anche quelli che non conosciamo direttamente.
A questa condizione di deprivazione della socialità fa da contraltare un’abbondanza di informazioni, la carta stampata, i canali televisivi e i social e media, strumenti essenziali per la trasmissione delle notizie (dal lat. notizia, derivato di notus “conosciuto”), possono diventare dannosi, perché talvolta confondenti ed orientati ad amplificare la risonanza dalle informazioni negative, diffondendo allarme e alimentando le paure che tengono incollati ai media, aumentando l’audience rispetto all’effetto prodotto con i dati positivi.
L’infodemia, l’eccesso cioè di informazioni spesso ricercate compulsivamente per cercare rassicurazioni, e l’isolamento, necessario a contenere il contagio, contribuiscono a fare da volano agli effetti della paura “incontrollata”, determinando vari livelli di confusione, tristezza, agitazione, rabbia e comportamenti di abuso (cibo, alcol, droghe).
Lo sgomento, l’incertezza, il timore del contagio, la riluttanza o la ridotta performance lavorativa e le conseguenze finanziarie possono determinare una condizione di ansia che favorisce il reperimento di altre forme di rassicurazione, come ad esempio la fede in quello che circola nella rete, opinion leader o stakeholder, non riuscendo a farlo con la fiducia nell’esperienza diretta.
Per il vocabolario Treccani la fiducia è l’atteggiamento, verso altri o verso sé stessi, che risulta da una valutazione positiva di fatti, circostanze, relazioni, per cui si confida nelle altrui o proprie possibilità, e che generalmente produce un sentimento di sicurezza e tranquillità. La fede è, invece, la credenza piena e acritica che procede da intima convinzione o si fonda sull’autorità dell’altro, che si accoglie “ciecamente”, affidandovisi, più che su prove positive, rilevate dall’intelletto e dai sensi. La fede pertanto si differenzia dalla fiducia per il fatto che ritiene possibile qualcosa che ancora non si è sperimentato o non si conosce personalmente.
Quando proviamo fiducia ci aspettiamo qualcosa di positivo da qualcosa di esterno a noi, dopo aver elaborato le informazioni che conosciamo, ovvero la dimensione cognitivo-razionale del sapere e quello che sentiamo, la corrispondente dimensione emozionale-corporea della conoscenza.
Quest’aspettativa, pur non garantendoci la certezza, la sicurezza della scelta operata, va oltre la semplice speranza, permettendoci di non essere preda delle esitazioni, il rimuginare dubbioso, e di avventurarci nel rapporto fiduciario con l’Altro-da-noi, piuttosto che rimanere rintanati nella diffidenza, ovvero nella rassicurante, ma intrappolante, comfort zone.
È sapiente solo chi sa di non sapere, non chi s’illude di sapere e ignora così perfino la sua stessa ignoranza, Socrate
Partendo dalla docta ignorantia socratica, possiamo assumere che la consapevolezza della nostra umana imperfezione, la mancanza della conoscenza, costituisca la prima motivazione al piacere di sapere e di indagare. Questo drive ci spinge ad elaborare i dati desunti dalla realtà fino a ristrutturarli, “trovando” la conoscenza grazie ad un processo di natura intuitiva, sintetico piuttosto che analitico, quell’eureka che emoziona nel corpo e che non è riconducibile completamente a spiegazioni logiche.
La nostra conoscenza può essere solo finita, mentre la nostra ignoranza deve essere necessariamente infinita, K. Popper
La forza generata dall’interconnessione
La pandemia è uno degli effetti della globalizzazione, ovvero della possibilità di percorrere, in brevissimo tempo, grandi distanze. Oggi non esiste più un Altro-diverso-da-noi, l’Altro siamo noi. Ognuno può adoperarsi per accogliere quanto può fare per sé e per gli altri per non essere vittima di ansie incontrollate, grazie alla comune intenzione di proteggersi dal contagio.
Il memento di Papa Francesco, “ nessuno si salva da solo!” , pronunciato durante la benedizione Urbi te Orbi, da una piazza San Pietro spettralmente vuota – mentre era solo, ma collegato con la città di Roma e tutto il mondo – ci indica la necessità di andare oltre la visione miope ed egoica in cui spesso ci rifugiamo, quella di salvare solo il nostro interesse personale, presi “dall’affanno di onnipotenza e di possesso”. Oggi possiamo osservare tutta la nostra personale fragilità, ovvero che non possiamo bastare a noi stessi (per esorcizzare la paura della solitudine), riconoscendo l’importanza degli altri dai quali dipende la nostra vita. Comprendendo tutte quelle persone che si prodigano per curare, aiutare, assistere, provvedere ai nostri bisogni come il personale sanitario, le forze dell’ordine, gli agricoltori, gli allevatori e tutti coloro che continuano a lavorare permettendoci di ricevere beni di primaria necessità. Possiamo comprendere l’assenza di separazione tra noi e gli altri, tra noi e l’Universo (come il virus ci sta segnalando), solo contemplando la personale individualità come una parte-del-tutto. Ma per superare l’autoreferenzialità, imperante in questo momento storico, occorre sentire con la saggezza infinita del cuore, dell’amore, non rimanendo circoscritti entro i “limiti” della logica razionale.
Fortunatamente anche le emozioni sono virali e così come possono possono contagiare in negativo, possono farlo anche in positivo. Si può iniziare ad imparare a stare con noi stessi, ricercare uno stato di positività interiore, valorizzare quei particolari che in genere si danno per scontati, focalizzarsi sugli eventi che si possono controllare e riconoscere coloro che dispiace realmente non poter vedere. A questo proposito tenere un diario personale è un modo per de-scrivere le nostre emozioni, per riordinare le idee, progettare, decidere, riflettere e ritrovare la necessaria intimità e chiarezza con noi stessi. Quindi ci si può adoperare per sostenere le persone più fragili, scoprendo che offrire aiuto può rivelarsi addirittura più vantaggioso che riceverlo. Esempi di solidarietà, coraggio e resilienza possono indurre processi virtuosi che controbilanciano quelli generati da impotenza, angoscia e rabbia, “riattivando” i processi cognitivi per un approccio proattivo alla soluzione dei problemi.
Un aiuto per diminuire lo stress, sia individuale sia collettivo, viene dalla tecnologia: strumenti come Skype, WhatsApp, FaceTime e molte altre applicazioni permettono di rimanere in contatto e di interagire anche visivamente con familiari, amici e colleghi, surrogando l’isolamento.
Essere amici di se stessi adottando uno stile di vita sano
Lo stress connesso alla riduzione della libertà produce un logorio delle risorse psichiche che garantiscono il benessere dell’individuo ed impatta negativamente, oltre che sui comportamenti, anche sull’organismo, generando un indebolimento delle naturali capacità che ogni individuo possiede per proteggersi dalle aggressioni patogene. Di seguito alcune indicazioni per prendersi cura di se stessi con gentile amorevolezza.
Costituisce un aiuto per l’efficienza del sistema immunitario mantenere stabili:
- la regolarità del sonno, dell’addormentamento e del risveglio, riposando 7/8 ore per notte;
- il peso forma, grazie ad uno stile alimentare sano, mangiando frutta e verdura di stagione, moderando il consumo di cibi grassi, di zuccheri, di sale e non dimenticando di bere acqua.
- l’esercizio fisico praticandolo in casa, anche con l’ausilio di tutorial;
cercando di incrementare:
- la cura delle relazioni interpersonali;
- gli atteggiamenti flessibili e tolleranti nei confronti delle frustrazioni;
- l’assunzione della responsabilità delle proprie azioni e delle proprie emozioni;
- i sentimenti della speranza, della positività e della fiducia nel gestire i cambiamenti;
- il senso dell’umorismo e dell’ottimismo.
Per questo motivo è importante essere consapevoli della necessità di ridurre le strategie errate (consumo di alcol, fumo, abitudini alimentari scorrette, sedentarietà, rimuginare catastrofistico) adottate per far fronte alla segregazione obbligata, che può determinare sconforto e angosce per il futuro, provando a mantenere delle routine che ci permettono di avere, nel presente, alcuni “punti fermi”, rassicuranti, che favoriscono la resilienza.
Resilienza significa non considerarsi vittime passive degli eventi negativi, ma avere la forza di resistere e di fronteggiarli, utilizzando le risorse disponibili per la progettualità.
In questo modo è possibile considerare ogni esperienza, seppur critica e avversa, come un occasione di sperimentazione, di ricerca e di crescita personale, trasformando le difficoltà in opportunità per sviluppare le nostre potenzialità e arricchire il significato della nostra vita
Se avvertiamo bisogno di essere aiutati professionalmente non esitiamo a farlo, avvalendoci di professionisti anche nella modalità a distanza.
Per ritrovarsi bisogna prima perdersi, il disagio che stiamo sperimentando questi giorni è umano, come scrisse il filosofo e teologo francese B. Pascal, il padre degli esistenzialisti moderni, in Pensieri nel 1669: … i mali degli uomini derivano da una sola cosa, dal non saper stare senza far nulla in una stanza.
Viaggio intorno alla mia Camera – De Maistre
Uno spunto di lettura utile ed interessante che apre tante altre porte. Grazie
🙏
Molto profondo ,circostanziato nell analisi e concreto nelle misure da adottare per sentirci bene ed in armonia anche in condizioni di “cattivita’ “.Essere positivamente costruttivi ,difficile ma bello.Distruggere se stessi e tutto ciò che si è costruito è facile e rapido..la costruzione richiede pazienza ,amore e forza..ma alla lunga è più divertente.
Grazie grazie
Elena
Grazie a te Elena per aver condiviso. Mi piace molto che tu metta insieme le virtù della pazienza e della forza alle dimensioni affettive dell’amore e del divertimento, che ne costituiscono la forza propulsiva per la crescita interiore.
Una lettura avvincente; l’analisi curata delle dinamiche umane si combina in modo naturale con gli approfondimenti fisiologici, storici, sociali in un insieme coerente. Grazie per i consigli sani e pratici, il cui valore non è limitato a questo particolare momento.
Grazie Luca per aver dato il tuo feedback al mio lavoro
Grazie per questa lettura, spunto per una lunga serie di riflessioni e per ricordarci di essere solo una piccola fragile parte di un immenso universo che ci vuole uniti per essere forti
Grazie per il commento Maria Grazia, la consapevolezza che vi esprime ci può consentire di “mettere da parte” gli egoismi. La solidarietà può aiutarci a vivere la solitudine legata al distanziamento sociale che stiamo vivendo.