PRECAUZIONE vs. PREOCCUPAZIONE
Un antidoto all’infodemia
Il grado inversamente proporzionale tra i due sostantivi (maggiore è la precauzione minore è la preoccupazione, E. Gatti, segnalatami dal caro collega A. Giannadrea) è il rimedio al più distruttivo “contagio” che stiamo vivendo in questi giorni, nell’era dei social media, ovvero la deformazione della realtà nel rimbombo degli echi e dei commenti della comunità globale sul Covid-19.
Il “reale” virus è virtuale, per questo non è possibile elaborarne un vaccino. L’infodemia è un fenomeno che produce effetti ben più gravi di quelli sanitari ed è collegato al reperimento, eccessivo e non vagliato con accuratezza, di informazioni, attualmente generato dalla paventata epidemia da CoronaVirus. Le notizie che si scovano in questo modo sono naturalmente spesso tra loro contrastanti, in quanto si tratta di ipotesi su un fenomeno nuovo, complesso, ancora da studiare.
Questa incertezza determina uno stato psicologico di insicurezza, dovuto alla difficoltà di individuare fonti “affidabili”, che produce quello stato di agitazione, impropriamente anche definito come psicosi, che consiste nella difficoltà a riconoscere in cosa è opportuno avere “fiducia”.
Esprimiamo questa impasse – nel tentativo ingenuo di risolvere uno stato di disagio interiore – attraverso comportamenti irrazionali, come l’accaparramento di beni, l’emersione del razzismo o le tesi complottistiche, che innescano cortocircuiti interni frustranti.
Piuttosto che disumanizzarci, difendendoci irrazionalmente dalla condizione di “non sapere” che ci fa sentire inquieti, sensibili, fragili e mortali, potremmo, invece, accogliere questa essenza autentica profonda che ci caratterizza in quanto esseri umani, troppo spesso “negata” da ideali di forza e di sicurezza che utilizziamo per simulare modelli falsi onnipotenti.
Mi è molto piaciuta al riguardo questa poesia del giovane scrittore cagliaritano Andrea Melis, “parolaio”, che volentieri condivido.
Lavatevi le mani
ma andate scalzi
e baciate la terra ferita.
Starnutite pure nel gomito
ma leccate le lacrime di chi piange.
Non viaggiate a vanvera
ora è tempo di stare fermi
nel mondo
per muoversi in noi stessi
dentro gli spazi sottili
del sacro e l’umano.
Indossate pure le mascherine
ma fatene la cattedrale del vostro respiro,
del respiro del cosmo.
Ascoltate pure il telegiornale
che finalmente parla di noi
e del più grande miracolo
mai capitato:
siamo vivi
e non ci rallegra morire.
Per ogni nuovo contagio
accarezza un cane
pianta un fiore
raccogli una cicca da terra,
chiama un amico che ti manca
narra una fiaba a un bambino.
Ora che tutti contano i morti
tu conta i vivi,
e vivi per contare,
concedi solo l’ultimo istante
alla morte
ma fino ad allora
vivi all’infinito,
consacrati all’eterno.